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RONALDO ‘98 ||| Quando il FENOMENO diventò LEGGENDA

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RONALDO ‘98 ||| Quando il FENOMENO diventò LEGGENDA

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Proviamo a fare un piccolo esperimento. Chiudete gli occhi. Se vi dico: «Pensate alla prima immagine di Ronaldo con la maglia dell’Inter nella sua prima stagione», cosa vi viene in mente? Il gol a Parigi contro la Lazio, quella danza che stende Marchegiani e consegna definitivamente la Coppa Uefa all’Inter dopo le firme di Zamcorano e Zanetti? Oppure quella sfida aperta all’impenetrabilità dei corpi a Mosca, il controllo orientato in mezzo a due centrali dello Spartak ridotti a sagome, la capacità di pattinare sul fango tra un difensore e l’altro come se fosse totalmente incorporeo? La sterzata a Bologna nel giorno del suo primo gol in Serie A, la finta di calciare con il destro per poi ritrovarsi il pallone di colpo sul sinistro, con Paganin incapace di elaborare in pochi secondi quanto stava accadendo? O forse la punizione a giro contro il Parma, un bacio alla traversa e Buffon impietrito, impossibilitato ad abbozzare una qualsiasi reazione? E se invece fosse quella fuga alle spalle dei centrali milanisti nel giorno del derby di ritorno? Moriero che mette in mezzo un pallone telecomandato dalla trequarti e il corpo di Ronaldo che si modella in volo per trovare il modo migliore per andare all’impatto, l’emblema plastico del concetto che si portava dietro in una celebre campagna pubblicitaria: la potenza è nulla senza controllo.
Sono tutte scelte legittime, perché pescare dall’album dei ricordi di quella prima stagione interista di Ronaldo è praticamente impossibile. Non c’era nulla che non potesse fare, nulla che non gli riuscisse. Faceva sembrare tutto facile anche quando era tremendamente difficile. Eppure, se qualcuno mi costringesse, pistola alla tempia, a prendere una sola azione, un solo frammento di quel Ronaldo imprendibile, di quel Ronaldo che purtroppo non avremmo più visto da lì a poco, non avrei dubbi.
È il 4 gennaio 1998. Sugli spalti di San Siro ci sono ottantamila anime ammassate una sull’altra. L’Inter è prima in classifica con un punto di vantaggio sulla Juventus che in quel giorno è in visita al Meazza per uno scontro diretto da brividi. Tutti gli occhi del mondo sono posati sul numero 10 nerazzurro, che prima della partita ha mostrato a una folla adorante il Pallone d’Oro 1997. La partita è tesa e sporca come può esserlo soltanto un big match di questo livello. A inizio ripresa, Zanetti gioca un pallone semplice, quasi pigro, verso Ronaldo, in uno di quei lembi di San Siro in cui le zolle non riescono a stare vicine l’una all’altra. Gli si fa incontro Paolo Montero, non il cliente che vorreste affrontare in una situazione del genere. Ronaldo è di tre quarti rispetto alla porta, il primo assillo è riuscire a controllare questo pallone ciondolante per vedere cosa farne. Lo doma, portandoselo verso l’esterno, e forse Montero immagina che il peggio sia passato. Ma Ronaldo cambia velocità all’improvviso, come se fosse dotato di un tasto in grado di aumentare lo scorrere del tempo della sua azione, lasciando gli altri a velocità naturale. C’è un frame in cui Montero è sdraiato a terra, entrambe le mani sul terreno, sembra un bambino appena caduto dalla bici. Arriva di corsa Iuliano che non ha alternative all’entrata da dietro disperata sulle gambe del Fenomeno. C’è anche l’impatto all’altezza del ginocchio, potenzialmente devastante. Ma l’architetto del destino lnon ha pensato a questo momento per la caduta del campione e delle sue articolazioni prodigiose: lo crediamo ancora inarrestabile, invincibile, immortale. Gli va via come se nulla fosse, con Iuliano sbalzato via, un moscerino contro un treno in corsa. Entra in area da destra e mette sul secondo palo un pallone rasoterra che trova Youri Djorkaeff, il Serpente, che non può sbagliare e inizia a correre con le braccia larghe. No, davvero, non avrei dubbi. Questa è l’immagine di apertura che sceglierei per mostrare il miglior Ronaldo di tutti i tempi. Il fattoc che non sia un gol la dice lunga sull’attaccante che era. Adesso possiamo andare a esplorare gli angoli, più o meno nascosti, di quella stagione, in cui ci trovammo a toccare con mano la consistenza di un alieno.
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